L’ANTI-FACTOR D: UNA NUOVA CURA PER LA MACULOPATIA ATROFICA

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Fino a pochissimo tempo fa i pazienti che ricevevano la diagnosi di “degenerazione maculare legata all’età in forma atrofica” erano costretti a udire subito dopo la parola “incurabile”. Il termine, brutale, indicava la realtà dei fatti: non esisteva alcuna terapia in grado di bloccare la progressione di questa temibile patologia degli occhi.

La degenerazione maculare, o più semplicemente maculopatia, è una patologia che colpisce la parte centrale della retina, la macula (da cui il termine “maculopatia”, ossia “malattia/patologia della macula”).

La macula è la porzione della retina più ricca di fotorecettori e pertanto quella responsabile della visione fine, dettagliata, nitida, che ci permette di riconoscere un volto, leggere, lavorare, guidare, guardare la TV, insomma di svolgere la maggior parte delle attività quotidiane.

La velocità di progressione della maculopatia di tipo atrofico varia da persona a persona, ma solitamente la patologia evolve nel tempo fino a raggiungere lo stadio terminale, denominato atrofia geografica, che consiste nella degenerazione dei fotorecettori della macula e determina la perdita irreversibile della visione centrale e quindi dell’acuità visiva.

Nel mondo occidentale, la maculopatia di tipo atrofico affligge l’esistenza quotidiana di milioni di persone al di sopra dei 55 anni d’età e sta diventando una vera e propria piaga sociale nella popolazione più anziana.

Da diversi anni sono in corso numerosissimi studi scientifici per comprendere le basi molecolari di questa patologia e per testare l’efficacia di diversi nuovi approcci terapeutici per arrestare, se non addirittura far regredire, i sintomi della maculopatia di tipo atrofico.

Tra le numerose ricerche condotte in tutto il mondo, ha attirato grande attenzione quella che ha dato alla luce un nuovo farmaco, il lampalizumab o anti-factor D, una molecola che – come indica il suo nome – inibisce il fattore D, una proteina che determina la velocità della cosiddetta via alternativa del complemento, che consiste in una serie di reazioni necessarie per attivare l’immunità innata. La via alternativa del complemento è un fenomeno naturale e necessario per il nostro organismo; tuttavia quando questo è incontrollato possono insorgere diverse patologie: nell’occhio una cattiva regolazione della via alternativa del complemento porta all’insorgenza della maculopatia di tipo atrofico e alla sua evoluzione in atrofia geografica.

L’anti-factor D inibisce il fattore D e ristabilisce una sana regolazione della via alternativa del complemento, che, come abbiamo visto, è un’importante concausa della maculopatia di tipo atrofico e della diminuzione della visione che in alcuni casi può portare a vera e propria cecità legale.

Questo nuovo farmaco deve agire all’interno dell’occhio e viene pertanto iniettato direttamente nella cavità vitreale grazie a una tecnica microchirurgica denominata iniezione intravitreale. Una volta all’interno dell’occhio, l’anti-factor D agisce in loco ristabilendo l’equilibrio fisiologico della via alternativa del complemento dell’occhio.

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Gli studi clinici di fase I hanno già testato la sicurezza dell’anti-factor D (assenza di tossicità e di eventi avversi gravi) e gli studi di fase II hanno dimostrato che il farmaco è in grado di rallentare del 20% l’evoluzione della patologia verso l’atrofia geografica e fino al 44% nei pazienti geneticamente predisposti.

Gli studi di fase III, necessari per la liberazione e commercializzazione del farmaco su larga scala, sono tutt’ora in corso e se ne attendono i risultati a breve (circa un anno). Se l’anti-factor D manterrà le promesse, avremo presto un nuovo farmaco che potrà far tirare un gran sospiro di sollievo a milioni di persone anziane che nel mondo occidentale sono affette dalla maculopatia di tipo atrofico e che per questa loro patologia non dovranno mai più udire la parola “incurabile”.

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