Consulente oculista: Prof. Dr. med. Andrea Cusumano di Rome Vision Clinic

L’occlusione della vena retinica centrale è una grave condizione oculare causata da un blocco del flusso sanguigno venoso della retina, che determina un’ischemia retinica cui si associa un’improvvisa diminuzione della visione. La persistenza dell’ischemia può portare all’evoluzione di diverse complicanze, quali l’emorragia vitreale (emovitreo) e lo sviluppo di neovasi patologici. Nel caso di emorragia vitreale di importante entità e che non si riassorbe spontaneamente è necessario ricorrere a un intervento chirurgico di vitrectomia. Lo sviluppo di neovasi patologici, causato della produzione incontrollata di una molecola denominata VEGF, è oggi contrastabile mediante iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF o l’impianto di dispositivi cortisonici a lento rilascio, molto efficaci e con effetto prolungato.

L’occlusione venosa retinica

L’occlusione venosa retinica è una condizione oculare determinata dall’ostruzione di una vena della retina. Questo tipo di evento danneggia i vasi retinici e può causare emorragia ed essudazione nella zona ischemica derivante.

Esistono due tipi di occlusione venosa retinica: l’occlusione della vena retinica centrale (o CRVO, dall’inglese Central Retinal Vein Occlusion), causata dall’ostruzione della vena principale della retina, posizionata a livello del nervo ottico, e l’occlusione di una branca della vena retinica (o BRVO, dall’inglese Branch Retinal Vein Occlusion), causata dall’ostruzione di una ramificazione della vena retinica principale.

L’occlusione venosa retinica può portare a complicanze oculari molto serie; tra queste le più comuni sono l’emorragia vitreale, l’edema maculare cistoide, la neovascolarizzazione retinica e la neovascolarizzazione iridea, che dà origine al glaucoma neovascolare.

Alcune persone sono più a rischio per l’occlusione venosa retinica; spesso il rischio è dovuto a una conformazione anatomica o a determinate patologie, tra le quali possiamo annoverare:

  • il diabete,
  • il glaucoma,
  • l’ipertensione,
  • le patologie vascolari legate all’età,
  • le malattie del sangue.

Inoltre, un evento di BRVO in un occhio comporta una maggiore probabilità (circa il 10%) che un secondo evento di BRVO o di CRVO possa manifestarsi nell’altro occhio.

Diagnosi dell’occlusione venosa retinica

Diagnosi dell’occlusione venosa retinica

L’occlusione venosa retinica viene diagnosticata esaminando la retina con uno speciale strumento chiamato oftalmoscopio ed effettuando un’angiografia con fluoresceina, un esame strumentale che permette di acquisire delle immagini molto accurate e dettagliate dei vasi sanguigni della retina, consentendo di esaminarne la condizione di salute e in particolar modo la pervietà.

Complicanze dell’occlusione venosa retinica e relativi trattamenti

Gli effetti dell’occlusione venosa retinica possono essere diversi. Descriviamo qui di seguito le complicanze più comuni di questa condizione oculare e i relativi trattamenti.

L’emorragia vitreale

L’emorragia vitreale

L’ostruzione di una vena retinica può comportare la rottura di un vaso e quindi un’emorragia all’interno della retina. Se il sangue raggiunge e permea il vitreo, la sostanza gelatinosa che riempie la cavità oculare, si parla di emorragia vitreale. Questo tipo di evento porta a una perdita immediata della visione, che dipende dall’impedimento del passaggio della luce attraverso il vitreo intriso di sangue, definito emovitreo.

A volte l’emorragia vitreale si riassorbe spontaneamente, talvolta invece possono essere necessarie molte settimane prima che il paziente ritorni a vedere. Nel caso in cui l’emorragia non venga riassorbita spontaneamente in tempi ragionevoli (6-8 settimane) o nel caso in cui la presenza di sangue minacci l’integrità e la salute della retina, si deve ricorrere a un intervento di vitrectomia, che consiste nella rimozione chirugica dell’emovitreo e nella sua sostituzione con un mezzo adeguato (solitamente un gas). L’intervento dura generalmente 30-40 minuti e, se effettuato da un chirurgo esperto, non comporta rischi particolari. La vitrectomia viene solitamente accompagnata da un trattamento endolaser che mira a inibire la produzione di un fattore di crescita denominato VEGF (dall’inglese Vascular Endothelial Growth Factor) da parte delle zone retiniche ischemiche; il fattore VEGF è una molecola che stimola la crescita di neovasi patologici, ossia nuovi vasi sanguigni anormali che possono dar luogo a nuove emorragie.

L’edema maculare cistoide post-trombotico

L’edema maculare cistoide post-trombotico

Quando il sangue e i fluidi che fuoriescono dal vaso sanguigno ostruito e danneggiato si riversano sotto la parte centrale della retina, la macula, ne consegue un sollevamento e un rigonfiamento della macula stessa, una condizione oculare nota come edema maculare cistoide (CME, dall’inglese Cystoid Macular Edema) post-trombotico. L’edema maculare cistoide determina una visione sfuocata e, se non trattato, può portare a una riduzione importante e irreversibile della visione centrale. L’edema maculare cistoide viene trattato mediante iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF per prevenire o combattere l’effetto patologico del VEGF prodotto in eccesso dalle zone retiniche ischemiche. Pochi giorni dopo la somministrazione intraoculare dei farmaci anti-VEGF, la macula ritorna alla sua posizione anatomica normale e la capacità visiva iniziale del paziente viene ripristinata. Oggigiorno, per contrastare l’azione patologica del VEGF vengono utilizzati anche gli impianti intravitreali, polimeri biodegradabili a base di molecole cortisoniche che vengono impiantati nella cavità vitreale, dove rilasciano le molecole famacologicamente attive in modo controllato per diversi mesi o anche anni.

La neovascolarizzazione patologica

La neovascolarizzazione patologica

La neovascolarizzazione patologica, ossia la crescita di nuovi vasi sanguigni fragili e malati, può avvenire a livello della retina ma anche a livello dell’iride.

La neovascolarizzazione patologica a livello della retina può causare emorragia vitreale, con la comparsa di corpi mobili o la formazione di emovitreo, o edema maculare cistoide. Nei casi più gravi e avanzati di neovascolarizzazione patologica a livello della retina si può avere anche un distacco di retina.

La neovascolarizzazione patologica a livello dell’iride può portare a un blocco dei canali di drenaggio dell’umore vitreo nella camera anteriore dell’occhio, ciò genera un brusco aumento della pressione intraoculare, un evento doloroso e pericoloso che può dar origine al glaucoma neovascolare.

Se l’occlusione venosa retinica non viene curata mediante trattamento laser o farmacochirurgia (iniezioni e impianti intravitreali), l’instaurarsi delle diverse complicanze può portare a una perdita irreversibile della visione.

La prevenzione rimane senza dubbio l’arma più efficace contro l’occlusione venosa retinica. In particolare, questa pericolosa patologia oculare può essere prevenuta tenendo sotto controllo i fattori di rischio noti, quali il diabete, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, il glaucoma, il fumo etc.

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