Consulente oculista: Prof. Dr. med. Andrea Cusumano di Rome Vision Clinic

La cataratta è causata dall’opacizzazione del cristallino e determina uno scadimento della visione che può evolvere fino a cecità. Non ci sono cure farmacologiche per la cataratta, l’unico rimedio è l’intervento chirurgico, che prevede la rimozione del cristallino opacizzato e la sua sostituzione con una lente artificiale. L’intervento di cataratta si esegue ambulatorialmente, ha una durata di circa 10-15 minuti e presenta un decorso post-operatorio privo di particolari disagi; la procedura è minimamente invasiva e dà eccellenti risultati nella stragrande maggioranza dei casi, ripristinando una visione chiara e distinta. Complicanze ed effetti collaterali sono molto rari, ma è sempre bene valutarli con il proprio oculista prima di sottoporsi all’intervento.

La cataratta

La cataratta è una condizione oculare dovuta all’opacizzazione del cristallino, la lente naturale dell’occhio che ha la funzione di mettere a fuoco le immagini provenienti dal mondo esterno sulla retina. La cataratta può insorgere a causa di diversi fattori: essa è in genere un evento naturale legato all’età, ma in alcuni casi può essere dovuta alla preesistenza di determinate malattie (ad esempio il diabete o la miopia patologica), a un trauma dell’occhio, a interventi pregressi di chirurgia dell’oculare, all’assunzione di particolari medicinali (specialmente cortisonici) o all’abitudine di esporsi a lungo e senza protezione adeguata alla luce solare molto forte; anche i fattori ereditari possono avere un ruolo importante nello sviluppo di questa condizione. A seconda dell’intensità e della localizzazione dell’opacizzazione, la cataratta può provocare annebbiamento della visione e una progressiva diminuzione della capacità visiva, che può evolvere fino a completa cecità.
La perdita della visione eventualmente causata dalla cataratta non è irreversibile, infatti la visione può essere ripristinata mediante un intervento chirurgico.

I sintomi della cataratta

I sintomi più comuni della cataratta comprendono:

  • visone sfuocata o opacizzata in assenza di dolore oculare,
  • aumentata sensibilità alla luce, abbagliamento,
  • difficoltà nella visione notturna,
  • diplopia,
  • bisogno di una maggiore illuminazione durante la lettura,
  • visione sbiadita o ingiallita dei colori,
  • perdita di
  • sensibilità al contrasto,
  • cecità

Quando è necessario l’intervento di cataratta

Quando la cataratta è in fase iniziale e la visione appare solo leggermente offuscata, una semplice modifica della prescrizione degli occhiali può essere sufficiente a migliorare la vista per un certo periodo di tempo. Quando la cataratta è in uno stadio più avanzato e la visione risulta così offuscata da rendere difficile, se non addirittura pericoloso, lo svolgimento delle normali attività quotidiane, come ad esempio scendere le scale o guidare, è necessario rimuovere la cataratta mediante un intervento chirurgico, che consiste nella sostituzione del cristallino naturale opacizzato con una cristallino artificiale biocompatibile perfettamente trasparente (lente intraoculareIOL, dall’inglese Intraocular Lens).

Prima dell’intervento di cataratta

Quando l’intervento di cataratta diventa necessario, per prima cosa il paziente deve essere sottoposto a un esame oculistico molto approfondito, durante il quale l’oculista misura accuratamente diversi parametri dell’occhio, al fine di determinare con precisione il potere della lente intraoculare da impiantare. Alcuni farmaci devono essere sospesi prima dell’intervento, pertanto è importante che l’oculista sia informato circa l’esistenza di eventuali patologie  e delle relative terapie farmacologiche in atto.

L’intervento di cataratta: la facoemulsificazione

L’intervento di cataratta più tecnicamente avanzato e più comunemente effettuato oggigiorno è la facoemulsificazione, che prevede la frammentazione e la rimozione del cristallino opacizzato e la sua sostituzione con una lente intraoculare (IOL).

La facoemulsificazione è un intervento ambulatoriale minimamente invasivo, veloce e indolore. Solitamente il paziente deve presentarsi in ambulatorio al mattino presto, digiuno. Nella fase di preparazione all’intervento, la superficie dell’occhio da operare viene trattata con un collirio anestetico; una lieve sedazione del paziente è consigliata per rendere la procedura più confortevole sia per il paziente sia per il chirurgo. Subito prima dell’intervento, la pelle delle palpebre viene disinfettata con cura per eliminare il rischio di infezioni intraoculari.

L’intervento di facoemulsificazione consiste in più fasi: 1) si praticano due piccole incisioni sulla superficie dell’occhio, sul bordo della cornea, per poter inserire gli strumenti di microchirurgia; 2) con un bisturi si rimuove la parte anteriore della capsula, l’involucro trasparente che avvolge il cristallino, per poter operare direttamente sul cristallino; 3) con il facoemulsificatore si frammenta il cristallino opacizzato grazie all’emissione di ultrasuoni e successivamente si rimuovono i frammenti per aspirazione; la parte posteriore della capsula, denominata capsula posteriore, viene lasciata in loco per ospitare la nuova lente sintetica; infine 4) si impianta il cristallino artificiale (IOL) posizionandolo all’interno della capsula posteriore; 5) si suturano le incisioni inizialmente praticate sulla superficie dell’occhio.

Durante la procedura, il chirurgo manovra gli strumenti all’interno dell’occhio con estrema precisione grazie all’utilizzo di un microscopio operatorio. La facoemulsificazione si avvale di un tipo di ultrasuoni di ultima generazione, gli ultrasuoni torsionali, che sono molto più sicuri degli ultrasuoni tradizionali – che venivano utilizzati per questo tipo di intervento fino a pochi anni fa – poiché non arrecano danni alle strutture oculari adiacenti al cristallino. Per proteggere ulteriormente queste strutture, una sostanza viscoelastica – che assorbe e mitiga gli ultrasuoni, fungendo da “cuscinetto” per gli urti – viene iniettata nella parte anteriore dell’occhio prima di utilizzare il facoemulsificatore. In questo modo, solo il cristallino viene sollecitato dagli ultrasuoni.

Alla fine dell’intervento viene applicata una coppetta di protezione sull’occhio operato. Dopo una breve attesa nella zona di recupero post-operatorio, il paziente può tornare a casa; è sempre bene che il paziente sia accompagnato da una persona poiché l’occhio bendato e l’effetto residuo della sedazione potrebbero rendere il paziente più disattento e vulnerabile per qualche ora dopo l’intervento.

Dopo l’intervento di cataratta

La facoemulsificazione ha un post-operatorio solitamente privo di particolari disagi. Dopo l’intervento, il paziente deve applicare per qualche tempo dei colliri terapeutici sulla superficie dell’occhio operato; in caso di dolenzia è possibile far uso di farmaci antidolorifici. Durante il periodo di guarigione prescritto dall’oculista, il paziente deve stare attento a non strofinare l’occhio operato e non esercitare su di esso alcuna pressione; è inoltre importante evitare attività particolarmente faticose o pericolose. Una volta che l’oculista ha confermato la completa guarigione, tutte le attività potranno essere ripristinate, comprese quelle sportive. La guida dell’auto può generalmente essere ripresa già il giorno successivo all’intervento.

Benefici e complicanze dell’intervento di cataratta

L’intervento di cataratta è una procedura che dà eccellenti risultati: oggigiorno i benefici sono veramente consistenti e la visione migliora sensibilmente nella quasi totalità dei casi.

Anche se le complicanze dovute all’intervento di cataratta sono molto rare, è sempre bene tenerne conto. Le complicanze possono presentarsi sia durante l’intervento sia successivamente e tra le più importanti possiamo annoverare:

  • infezione,
  • emorragia,
  • traumi oculari
  • edema retinico,
  • distacco di retina,
  • perdita della visione.

Difficoltà e complicanze possono sopraggiungere meno raramente laddove preesistano importanti patologie oculari quali le maculopatie degenerative, il glaucoma o la retinopatia diabetica; queste, infatti, possono limitare l’efficacia dell’intervento di cataratta. In questi casi bisogna valutare attentamente i pro e i contro di un possibile intervento; in linea generale, però, se si opera con estrema cautela, l’intervento di cataratta – anche se con risultati più modesti – può risultare comunque vantaggioso.

Cataratta secondaria (fibrosi capsulare) e capsulotomia posteriore

Nelle persone che hanno subito un intervento di cataratta, la capsula posteriore – che ospita il cristallino artificiale (IOL) – va incontro a un progressivo processo di fibrosi, che rende la capsula opaca e la visione nuovamente annebbiata. Questa condizione prende il nome di fibrosi capsulare ma è più spesso conosciuta come cataratta secondaria. E’ importante che il pazienta capisca che non è la lente artificiale ad essersi opacizzata, ma l’involucro che la contiene. L’impedimento visivo provocato dalla cataratta secondaria viene eliminato facilmente mediante un trattamento laser noto come capsulotomia posteriore, una procedura non invasiva che non si avvale di strumenti chirurgici ma unicamente di un laser. Il trattamento laser dura pochi secondi, è assolutamente indolore e privo di fastidi post-operatori.

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